Baze Djunkiii on Nitestylez
Out on the circuit via Berlin’s Aut Records label on January 20th, 2k20 is “Kinetic”, the sophomore album piece by DST which is a conjunctional artistic moniker employed by Alberto Collodel and Simone Di Benedetto for joint musical ventures. This time teaming up with trumpet player Gabrielle Mitelli for a change who adds both tones by his instrument of choice as well as occasional electronic textures to the mix the eight tracks on this album are focusing on an ever evolving, oftentimes melancholia-infused variation of Jazz / Future Jazz defined by the sparse, yet touching opener “Phase Out” which paves the way for things to come like the beautiful, heartfelt Jazz Noir outing “S” which defo is a most welcome companion throughout cold, pensive winter nights. With “Still” the trio touches base with desolate Dark Ambient / Cold Ambient before turning towards intimate, inward looking Jazz again, “Struktur 1 – Trumpet Version” is on a well intense, buzzing tip in terms of free eruptive trumpet improvisation in conjunction with muffled non-vocalisms and other hard to identify textures whereas “Landscapes” presents a deep, stripped down take on what could be a high quality score for classic black and white flics shot at the beginning of the cinematic age. Furthermore “Rota” pairs a free floating improvisational bass groove with tender electronic textures and more Free Jazz vibes to a great effect , “Struktur 1 – Bass Clarinet Version” comes across way deeper and contained compared to the cuts alternate version despite featuring quite a fair share of eruptive improvisation, too, and the final cut “Lullaby For Barbin” sees the trio explore more of a high quality late night Bar Jazz approach for a closing which adds another level to their sonic spectrum. Defo a piece every genre connaisseur should check out for a reason.
Davide Ingrosso on The New Noise
Quella con Collodel è in realtà una collaborazione che possiamo definire di lungo corso, dal momento che Kinetic è il secondo capitolo di un discorso iniziato circa tre anni fa a nome DST, quando i due pubblicavano Il Sistema Periodico, un lavoro che nel titolo (e anche nei singoli brani) è un chiaro omaggio all’omonima pseudo-autobiografia di Primo Levi. Con Gabriele Mitelli ora in gioco (alla tromba, ma gli sparuti interventi al sintetizzatore sono di sua mano), Kinetic pone ancor più in rilievo il lato timbrico dell’improvvisazione libera, esplorato democraticamente in otto diverse manifestazioni sempre piuttosto spontanee, in quello che sembra essere un procedere a tentoni, un girovagare all’apparenza randomico. Sono brani eseguiti all’insegna di un certo minimalismo di base, oserei dire primitivo, in cui tensione e dramma restano opportunamente dietro l’angolo, permettendo ai tre di interloquire sui bordi di una giocosità che spesso diverte. Nondimeno, dopo numerosi ascolti, non ho ancora capito quanto sia un bene questo incessante vagare senza meta che caratterizza l’intero ascolto. Forse, se il disco fosse meno lungo, non proverei alcuna sensazione di noia e scriverei unicamente del coraggio di questi tre musicisti, bravissimi quando si tratta di smantellare canoni e di perdersi nell’ignoto evitando le strade maestre in favore di quelle secondarie, tanto impervie quanto affascinanti.
Giuseppe Segala on All About Jazzz
Il duo DST, nato dall’incontro di Alberto Collodel e Simone Di Benedetto, si era già messo in luce nel 2017, pubblicando Il Sistema Periodico, lavoro ispirato all’opera di Primo Levi, che scavava con atteggiamento riflessivo ed esplorativo nella suggestione della scienza chimica e nella narrazione del grande autore, tra ragione e memoria. Arriva ora al secondo lavoro discografico, Kinetic, sempre con la stessa etichetta Aut Records, e si allarga a trio ospitando il contributo di Gabriele Mitelli.
Il trombettista bresciano porta nel duo la propria vitalità e quella dose di audace creatività che egli ha saputo ben assorbire dalle sue passioni per il free storico e dalle frequentazioni di personaggi centrali nella scena contemporanea, come Rob Mazurek. Collodel e Di Benedetto, pur rivolgendosi nella loro musica in parte a quegli stessi modelli, li coniugano con un atteggiamento riflessivo, introverso, spesso vicino alla sperimentazione eurocentrica, con elementi di scandaglio più analitici, asciutti e attenti alle dinamiche cameristiche. Cosa evidente sia nell’esplorazione strumentale che nello sviluppo dei rapporti tra scrittura e improvvisazione.
La presenza di Mitelli non altera però la fisionomia del duo, che resta ben definita e fedele alle proprie origini, con brani dovuti ai titolari: ne arricchisce piuttosto gli orizzonti e le sfumature, si inserisce in modo intenso nella geografia di DST, portando il proprio contributo con naturalezza e spontaneità. La forte coesione dei tre spicca già nel brano di apertura del CD, “Phase Out,” dove la dialettica tra l’approccio materico di Mitelli e quello più astratto di Collodel e di Benedetto dà vita a contrasti e fusioni convincenti.
La musica si dipana con sapienza narrativa, anche nella sequenza dei brani: “S,” basato su una densa trama tessuta con l’archetto dal contrabbassista, si sviluppa in buona parte sul lavoro del clarinetto basso, dove Collodel mette in risalto l’ampia abilità del proprio eloquio, tra sussulti di registro, trilli e acrobazie melodiche. “Still” prende le mosse dalle manipolazioni elettroniche di Mitelli, per poi sfociare ancora in un episodio di grande empatia di gruppo.
Un proprio spazio nel disco si ritaglia “Struktur 1,” brano scritto da Di Benedetto ma affidato in due versioni differenti rispettivamente a Mitelli e Collodel. I due musicisti, sovraincidendo più volte il proprio strumento, danno luogo a interpretazioni molto differenti nei dettagli e nella stratificazione timbrica, ma resta l’impressione di coerenza a un’idea di fondo del compositore, basata sul contrasto tra note lunghe e brevi, tra suono e rumore, tra uso tradizionale dello strumento e pratiche non canoniche. Momenti significativi sono rappresentati anche dal riflessivo “Landscape 3,” affidato a clarinetto e contrabbasso, che si collega al “Landscape 1” dell’album Il Sistema Periodico, e da “Rota,” dove la sintonia dei tre musicisti tocca momenti di forte intensità e ancora clarinetto basso e tromba mostrano muscolosi cimenti.
Maurice Hogue on One Man’s Jazz
Episode 1141 of radio program “One Man’s Jazz” featuring the track “Rota”