Dave Sumner’s “album of the day” on Bird Is the Worm
What I like about it: I like how the electronic elements hang in the air, like a fog slowly encircling the trio, and I like how the sharp definition of organic instruments like drums and saxophone stand out against that hazy backdrop. I like how the ebb and flow conflict of electronic and organic instruments strings out the melodies and gives them a sense of not entirely being of one mind or inspiration, and I like how this seeming elasticity bleeds into the locomotive qualities of the tempo. I also really like how the melodies, when they do stamp their imprint upon a piece, have a sing song demeanor, a lightness that contrasts nicely with the prevailing moodiness.
Baze Djunkii on Nite Stylez
Released via Berlin’s Aut Records on December 1st, 2k18 is “Antinodal”, the four track EP debut by the musical triumvirate which is Echo Chamber, a collaborational project formed by Davide Lorenzon, Michele Pedrazzi and Chris Hill. Opening with the 9+ minutes tune “Jabazzu’s Dream” the trio paves ways for things to come, providing a well fascinating, cinematographic approach in terms of fusing lively, yet decent Jazz percussions with captivating vintage synthesizer works and a distinct Future Jazz feel whereas the follow up “Passo Navene” provides a Clicks’n’Cuts-infused electronic rhythm signature as a foundation for score’esque synth pulses and a great homage to classic espionage movie themes and soundtracks. Furthermore the groups “Treppenwitz” is a playful, frolicking variation on free floating, organic Jazz experimentalisms with a certain inherent touch of melancholia, working towards a hounded, fast-paced FreeJazz climax and the concluding composition “Risorgiva” provides a grande finale in amalgamating crystalline 80s synth melodies with a quirky, raw low end and an Easy Listening-infused, high class 70s BarJazz vibe for an excellent closing. Check!
Mario Biserni on Sands Zine
Davide Lorenzon e Michele Pedrazzi, a quanto mi risulta responsabili del marchio Aut, si riservano il piccolo spazio di questo mini-CD per il loro progetto Echo Chamber. Sia il nome del progetto sia il titolo del disco fanno riferimento alla propagazione del suono all’interno di una cassa di risonanza (credo però che il riferimento sia più in generale a quello che metaforicamente si intende oggi con il termine inglese echo-chamber).
Batteria, sax tenore e synth (ed elettroniche nella più ampia accezione del termine) vanno a determinare un puzzle dai colori tenui e delicati. Il che non vuol dire che si tratta di un disco piatto, tutt’altro, e posso citare l’accompagnamento ritmico spedito in Jabazzu’s Dream, i risvolti grottescamente mingusiani in Passo Navene, o la tirata di sax infiamma-platee in Treppenwitz. In linea di massima sono però bivacchi di ceneri che covano il fuoco, chi conosce la musica di Ornette Coleman sa cosa intendo dire, a farla da padrona. Molto interessante la posizione di Pedrazzi che, con le sue diavolerie elettroniche, va a ricoprire quel ruolo di raccordo fra sax e batteria solitamente attinente al contrabbassista o a strumentisti similari.
Nazim Comunale on The New Noise
Ep di 4 tracce per l’esordio di Echo Chamber, trio di base a Berlino con Davide Lorenzon (deus ex machina di Aut Records) al sax tenore, Michele Pedrazzi a synth ed elettronica, e Chris Hill alla batteria. In ottica si dicono punti antinodali di un sistema ottico due punti tali che se un raggio luminoso attraversa il primo, allora deve necessariamente attraversare anche il secondo. Oppure, gli antinodi sono i punti dove l’oscillazione di un’onda stazionaria (le cui oscillazioni cioè sono limitate nello spazio) sono massime. Riferimenti teorici stimolanti e curiosi che dimostrano, ma lo sapevamo già (il disco di Mountweazel ci è piaciuto molto, ad esempio, come quello di Marraffa) come i musicisti coinvolti nelle produzioni AUT Records siano esseri umani – oltre che artisti – con qualcosa da dire. Nel caso di questo lavoro le idee messe in campo sono interessanti, sebbene non sempre a fuoco (la seconda traccia, “Passo Navene”, ha una scrittura rivedibile): il trio sta cercando una sua strada, tra giochi di specchi minimali, rifrazioni electro, polvere di psichedelia e una pronuncia non sempre convincente. In particolare sono l’elettronica e il suono del synth a destare qualche perplessità, sospesi tra languori quasi ECM (l’ultimo pezzo, “Risorgiva”) e ruggini urbane che non brillano. Se la camera dell’eco è l’immagine scelta per simboleggiare un ambiente in cui le notizie, le idee e le credenze vengono amplificate dalla comunicazione stessa o dalla ripetizione, suggeriamo al trio di non temere di andare a nozze con il buio di questa caverna reale e metaforica, abbandonare la tentazione della didascalia e aggiungere grammi di acidità alla loro miscela. Il groove insistito di “Jabazzu’s Dream” funziona a dovere, le astrazioni e poi i rigorosi furori jazz core di “Treppenwitz” dimostrano che la scintilla c’è: va coltivata con disciplina, a parere di chi scrive deviando dalla strada della melodia (oppure disastrandola, ecco) per concentrarsi su texture e incastri ritmici.
Alessandro Bertinetto on Kathodik
Il sound è un mix di elettronica e acustica, sì da offrire un Avant-garde jazz con venature psycho e una spruzzata di D&B. Il sax di Davide Lorenzon propone trame di suono sulle pulsazioni e sui tessuti sonori del synt di Michele Pedrazzi (che abbraccia un suono [che appare] analogico, un po’ vecchio forse; ma non mi dispiace, anzi), mentre Chris Hill alla batteria fa un utile e onesto lavoro di raccordo e sostegno ritmico qui e di riempimento ornamentale là, pur senza grandi slanci. Il disco è breve (segno forse della fretta di pubblicare qualcosa per proporsi sulla scena?) e qualcosa dev’essere rivisto, anzi riascoltato, in questo trio, perché siano sviluppati appieno alcuni spunti senz’altro interessanti: una certa atmosfera à la Weather Report (che emerge per esempio all’inizio di Risorgiva (in cui però il sax non convince del tutto); un senso del groove misurato, ma incisivo e una vena lirico-sognatrice che opportunamente non si abbandona all’autocommiserazione (Jabazzu’s Dream); l’astrazione avanguardistica sviluppata in riff e droni robusti che sono tipici marchi di fabbrica stilistici delle produzioni Aut Records (Treppenwitz).
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Gigi Longo on Radio Popolare
Taran Sing on Taran’s Free Jazz Hour
Shaun Blezard on Space is the place
Maurice Hogues on One Man’s Jazz
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