J-M Van Schouwburg on Orynx, Improv and sounds
Un album d’un saxophoniste en solo, on se croirait dans les années 74 – 82, lors du déferlement de la free music radicale quand Steve Lacy, Anthony Braxton, Evan Parker, Peter Brötzmann, Oliver Lake, Joe McPhee, David Murray publiait des albums solos, suivis en cela par les trombonistes (Mangelsdorff, Rutherford), les trompettistes (Leo Smith, Baikida EJ Carroll), les guitaristes (Bailey, Frith, Reichel, Boni), les contrebassistes (Phillips, Guy, Altena, Holland, H. Miller) etc….
Saxophoniste ténor de Bologne, Edoardo Marraffa a développé une démarche à la fois expressionniste au niveau de la sonorité et construite méthodiquement. Accessoirement, il joue aussi du sax sopranino pour ajouter une couleur en soufflant simultanément dans les embouchures des deux saxophones. Il fait plus qu’évoquer Albert Ayler avec ses harmoniques extrêmes, ses vocalisations, les grincements et son souffle puissant et brut. Parmi les pièces (composées) où ses sons perçants et joyeusement agressifs, ses glissandos accentués et ses staccattos primitifs à la Albert Ayler (qui s’en plaindrait ?), ses pointes d’harmoniques exacerbées font merveille, on entend poindre de ci de là une tendresse mélodique suave et un brin paresseuse. J’aime aussi sa manière d’introduire des grincements vocalisés en ressassant un riff décalé. Au sopranino dans un morceau, il faussoie et siffle ouvertement avec un vibrato d’un autre temps, utilisant cet instrument ingrat pour illustrer son expressionisme. Certains diront que c’est du déjà entendu, mais en réalité, sa sonorité ne court pas les rues et à mon humble avis, c’est plus original que pas mal de ses collègues au don d’ubiquité prononcé. Un excellent album réjouissant.
Nazim Comunale on The New Noise
Uscita numero quaranta (peccato non averla scoperta prima) per la Aut Records e secondo disco in solo, a diciotto (!) anni dal primo pubblicato da Bassesfererec, per un nome di certo non nuovo a chi segue le vicende della musica creativa di casa nostra: Edoardo Marraffa, qui sax tenore e sopranino.
Un lavoro ispido e lirico, monolitico, selvatico, potente, caleidoscopico, da ascoltare ad alto, altissimo volume. La voce di Marraffa è viva, vera, convincente; tra pezzi ispirati all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto , fragori quasi brotzmanniani ma mai così dirompenti (chi scrive non è un entusiasta della modalità pedale pigiato al massimo e pedalare), lune languide di blues informale e sbilenco, il disco è un’indagine, come da tradizione del jazz senza paraocchi, sulle possibilità narrative del solo e sulle strade in cui si può perdere il respiro di un uomo che soffia in uno strumento. Imitando l’imprevedibile geometria vocale degli uccelli ed invocando un convegno di divinità per aggiungere tempesta a tempesta, per apparecchiare minaccia o per non farci crollare il cielo in testa. Qualcosa di titanico, di profondamente poetico, di davvero libero: umano troppo umano. Un disco a cui tornare più e più volte per scorgerne l’enigmatica e primitiva bellezza da ogni possibile punto di vista, di fuga, di ascolto. Prospettive, radici, storia, futuro, orme, ombra, memoria. Un disco che pensiamo sarebbe piaciuto molto anche al Maestro Joseph Jarman, appena scomparso. La speranza è di poter intercettare Marraffa dal vivo quanto prima, a questo punto. Mi era capitato a dire il vero anni fa con la formazione Eco D’Alberi, per quell’occasione a Novara Jazz assieme a Wadada Leo Smith, ma il concerto non mi aveva convinto. Ora, invece, la curiosità di ascoltare una performance in solo dopo un disco così nitido e calibrato non può che essere alta.
Mario Biserni on Sands Zine
Edoardo Marraffa aveva esordito (discograficamente parlando) nell’anno 2000 con “Solo” e, dopo diciotto anni e una ormai nutrita discografia, ritorna alla dimensione solitaria con “Diciotto”. Questo, la comprensione di un titolo come Diciotto, è l’unico elemento cerebrale del disco sulla soluzione del quale ho dovuto lambiccarmi il cervello (*). Per il resto nessuna ricerca sugli approcci tecnico-teorici ai sax tenore e sopranino ma pura e semplice visceralità. Cuore e polmoni e niente cervello, potremmo dire, ammesso che cuore e polmoni non abbiano bisogno del cervello per entrare in azione. Se la storia insegna, in questo caso la discografia, è utile andare a sbirciare proprio nel vecchio “Solo” per comprendere appieno l’approccio di Marraffa, e lì fra i dieci pezzi ve n’è uno intitolato Dudu. Sembra proprio lo spirito del focoso e passionale musicista sudafricano a illuminare la strada che Marraffa, non senza una fortissima dose di personalità, ha percorso e va percorrendo. “Diciotto” rappresenta così un punto d’arrivo dal quale il sassofonista getta uno sguardo sugli anni trascorsi, anche attraverso la ripresa-riproposizione di pagine note (come Non credo dal secondo disco dei Vakki Plakkula e Alice dal primo disco dei Mrafi), mostrandosi agli ascoltatori nudo e crudo, senza artifizi di sorta. E lo fa con quella passione che lo ha sempre contraddistinto, fin dai tempi eroici dell’indimenticabile trio con Luigi Lullo Mosso e Mirko Sabatini. Termino annotando che Marraffa è uno dei massimi esperti nell’uso del sax sopranino, questo accanto a mostruosi talenti del soprannaturale come Anthony Braxton e Larry Ochs, e scusate se è poco!.
Solo due mesi separano le registrazioni di “Diciotto” da quelle di “Em Portugal!” avvenute, come inequivocabilmente spiega il titolo, in occasione di due concerti in terra lusitana. Quella di Marraffa e Guazzaloca, compagni d’insegnamento presso la Scuola Popolare di Musica Ivan Illich (che, tra l’altro, produce il disco), è una collaborazione che prosegue ormai da più d’una decina d’anni con varie formazioni e con la pubblicazione di due CD-R in duo (“Glück Auf” del 2008 e “Les Ravageurs” del 2016). Come notavamo scrivendo di “Les Ravageurs”, vedi la recensione al link riportato sopra, i due hanno ormai raggiunto un affiatamento invidiabile, tanto da agire sempre di concerto e senza sbavature. Oggi c’è di più, dal momento che in entrambi i concerti portoghesi i due tornano in termini più sintetici sullo stesso canovaccio proposto nel disco del 2016. Ecco che ascoltando e confrontando le tre versioni di Les Ravageurs, tutte registrate in concerto, risulta evidente quanto la musica improvvisata offre ai musicisti in termini di libertà espressiva, tanto che quando questa libertà è sfruttata creativamente al meglio risulta difficile riconoscere una stessa struttura riproposta in tempi e in versioni diverse. Senza contare che, oltre ai musicisti, anche l’ambiente e il pubblico rivestono una loro importanza nel definire tale variabilità.
Guazzaloca è presente anche nel collettivo, per tre quarti portoghese, che qualche mese addietro, rispetto a “Diciotto” e “Em Portugal!”, aveva registrato “A Pearl In Dirty Hands” negli studi Namouche di Lisbona. Il disco, seppur importante per il pianista bolognese, appare inferiore ad altre sue pagine recenti che mi avevano affascinato e appassionato. Più studiato, meditato e frammentario degli altri lavori recensiti in questa scheda, si presenta all’ascolto più impegnativo e meno coinvolgente, ma non per questo è privo di passaggi interessanti, specie in occasione di alcuni dialoghi a due particolarmente riusciti (veramente notevole quello fra Guazzaloca e ‘Zingaro’ in On The Branches). Nota finale sugli strumenti utilizzati: Guazzaloca al piano, ‘Zingaro’ al violino, Rosso al contrabbasso e Viegas al clarone.
(*) Bastava leggere le note di copertina redatte dallo stesso Marraffa, dirà il solito furbo, ma è mio costume e vizio quello di leggere le note solo dopo l’ascolto affinché questo risulti il meno inquinato possibile.
Alessandro Bertinetto on Kathodik
Diciotto anni dopo il primo album da solista (donde, guarda un po’, il titolo di questo nuovo disco), Edoardo Marraffa ripropone un album di sax solo. Le 15 tracce che lo costituiscono, tutte composte dal sassofonista (in Non credo supportato da L. Mosso e M. Sabatini), sono, come direbbe un altro importante sassofonista, Steve Lehman, “spazi confortevoli per l’improvvisazione” dei suoi sax tenore e sopranino. Sono ispirate in parte all’Orlando Furioso e introducono l’ascoltatore in un percorso musicale intenso e convincente. Soprattutto nel caso degli strumenti a fiato ci vuole coraggio per affrontare il suono in solitudine (pochi gli esempi riusciti: su tutti, naturalmente, Braxton); e qui questo coraggio è premiato. I monologhi di Marraffa procedono sicuri, energici, convincenti, lasciando spazio a qualche momento (ironicamente) lirico e trasognato, come, opportunamente, accade in Astolfo sulla Luna, e ad alcune scelta musicalmente interessanti (come il raddoppiamento timbrico in Alice). Nonostante il caratteristico reiterato ricorso agli armonici, che regalano spessore al timbro del sax e in alcuni casi (Mura sonanti, per esempio) danno al suono un tocco descrittivo-rappresentazionale, il sassofonista non eccede mai in un autocompiaciuto e fine a se stesso virtuosismo rumoristico. Si riconosce lo stile dell’improvvisazione bolognese del momento – quella per intenderci che vede Marraffa a fianco del pianista Nicola Guazzaloca e di altri musicisti della scuderia Autrecords –. E si tratta sicuramente di un buon lavoro, a tratti (per es. nel blues decostruito di Fantasmi di Nadia) pure divertente.
Alberto Bazzurro on L’isola che non c’era
[…]Come sempre trattiamo la materia progredendo per entità numeriche, in questo caso nel suo intero spettro, dal solo all’orchestra. Il solo è incarnato dal sassofonista (tenore e sopranino) Edoardo Marraffa (foto sopra), che in Diciotto (Aut) si sbizzarrisce in quindici “improvvisazioni composte” che sposano l’antigrazioso (per dirla con Boccioni) tipico del free, ma senza eccessi. C’è un disegno architettonico palpabile, e pur entro parametri estetici che non prevedono certo la gradevolezza, l’ascolto, per orecchie avvezze, procede piuttosto gratificante.
Joe Atsushi on Jazz Tokio
Edoardo Marraffa はイタリアのボローニャを拠点に活動するテナーサックス奏者(ほかにソプラニーノなど)で、1990年代から活躍する。「Mrafi」「Casino di Terra」「MAGIMC」「Eco D’Alberi」「Tell No Lies」といったグループで活動し、イタリア国内はもちろん、トリスタン・ホンジンガー、ウィリアム・パーカー、ハミッド・ドレイク、ハン・ベニンクといった世界的な即興系ミュージシャンたちとの共演も数多い。2008年には Eco D’Alberi で米国の Vision Festival に出演しており、その時の演奏は『Eco D’Alberi』(Porter Records / PRCD4054)に残されている(同グループには、ワダダ・レオ・スミスとの共演作もある)。
「Diciotto」とはイタリア語で「18」の意であり、本作品は彼にとって18年ぶり2枚目の無伴奏ソロアルバムになる。収録された15曲は全て自作(12曲目のみ、自身が参加するグループ「Vakki Plakkula」名義)で、古いものから最近作曲したものまでをそろえ、いずれも1分程度のものから長くても4分半ほど。また、いくつかの曲は、ルネサンス期イタリアのルドヴィーコ・アリオストによる叙事詩『狂えるオルランド』にインスパイアされたという。同作品はルネッサンス爛熟期が生んだベストセラーであり、16世紀ヨーロッパ文学の極致と称され、イタリアの現代作家イタロ・カルヴィーノにも影響を与えている。
アルバムは〈優しさ〉と題された、奏者の息吹が感じられるテナー演奏からスタートする。ソブラニーノに持ち替えた〈月の上のアストルフォ〉は、『狂えるオルランド』が出典。〈ロドモンテ〉も叙事詩の登場人物で、ここではテナーで表現される。〈想像せよ!〉は乱気流を思わせるソブラニーノが印象的だ。以降はテナーによるマルチフォニックを効果的に駆使した〈ナディアの幽霊〉、〈フランコとジョルジュ〉と続き、〈アリス〉は彼の娘に捧げられる。〈レッドカーペット〉〈降ります〉はソブラニーノ。以降テナーで〈音の壁〉、〈Staccati stàccati lèvati〉(は何かの言葉遊びなのだろうか)、〈私はそうは思わない〉を経て、〈ゴールデンスクエア〉は畳みかけるようなフレーズが最も「ジャズ」的なソブラニーノ演奏。タイトルチューン〈18〉と、最終曲〈偉大な狂気〉はテナーで締めくくられる。
Edoardo Marraffa のサックスは硬質でエッジの立った現代風の音だが、無機的な感じやメカニカルな印象は全くなく、荒々しさの中にもどこかナイーヴさを秘めているのが魅力だ。悲劇的でありつつもコミカルで、抒情的でありながらも勇壮な恋と冒険の物語『狂えるオルランド』は、彼の資質に合っていたと言えよう。前作『solo』(Bassesferec / BS005)ではやや内向的に閉じた印象もあったが、20年近くを経た本作は洗練され、深化した境地を感じさせる。
Taran Sing on Taran’s Free Jazz Hour
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