Alessandro Bertinetto on Kathodik
Libera e moderna improvvisazione, scrittura convincente, invenzione di tecniche strumentali non scontate, timbri decisi, interplay e capacità solistiche, energia e sviluppo progressivo dei materiali musicali, grande senso per l’efficacia performativa. Sono questi alcuni degli ingredienti del disco di Federico Eterno (sassofono contralto), Davide Lorenzon (sassofono tenore), Antii Virtaranta (contrabbasso), Adrian David Rock (batteria) e Nicola Guazzaloca (piano). In questo riuscito progetto (che – la butto lì – ci presenta un jazz acustico post-free d’avanguardia), il sax di Davide Lorenzon (la vera anima di Aut Records, etichetta della sperimentazione improvvisativa bolognese-berlinese) prende a modello i maestri del tenore (Coltrane, Shepp, Rollins, Pharoa Sanders ….) e scolpisce robuste linee sonore sul solido, esplosivo e profondo sfondo dell’ottima sezione ritmica (ma accade anche il contrario, quando i sax e la ritmica si scambiano le parti). Il contralto di Federico Eterno si produce in intensi virtuosismi, mentre il piano di Nicola Guazzaloca distende i suoi accordi e articola le sue rapide melodie e incursioni sonore con grande attenzione alla situazione che si va creando (molto suggestiva la sua introduzione, seguita poi dal contrabbasso, in Esrum Hellerup). La gamma espressiva ed emotiva è davvero ampia, ben articolata nello sviluppo dell’album, e si diversifica anche all’interno delle singole tracce. Si passa da momenti nervosi, rapidissimi e ruggenti (come Hungry Waves) a passaggi più trepidi, esplorativi e incerti (l’inizio di Apopudabalia), da insistiti pattern ripetuti a libere divagazioni, dal tutti di fasi free, alla combinazione parallela di melodie diverse. Infine, è molto suggestivo il finale, con le ripetute melodie ipnotiche che contraddistinguono la logicità inferenziale di If. Then. In generale, l’impressione è quella di ascoltare l’appassionata e al contempo ragionata manifestazione di una proposta artistica autentica, capace di generare uno stile musicale originale e riconoscibile. Un ottimo cd.
Nazim Comunale on The New Noise
Le parole sono importanti: la scelta dei nomi e dei titoli può dire molto, a volte. Doublethink, cioè il bis pensiero, una parola coniata da George Orwell per “1984”, a indicare il meccanismo psicologico che consente di credere che tutto possa farsi e disfarsi , nonché la volontà e la capacità di sostenere un’idea e il suo opposto. E allora ecco un disco che in tre quarti d’ora dimostra una grande memoria del futuro e di avere grandi progetti per il passato. ll fascino del disadorno, la bellezza scabra di panorami che di primo acchito paiono spogli, per poi rivelare un loro sensuale mistero,un mood tra il free e il cameristico, ombre europee, informali, e grandi alberi con salde radici nella fire music afroamericana (viene in mente un Archie Shepp con meno swing). Questo lavoro del quartetto Mountweazel, con ospite Nicola Guazzaloca al piano in un paio di tracce, punta direttamente al nocciolo della questione o – per citare il titolo dell’incipit – alla purezza dell’essenza: “Purity Of Essence” si pone subito in effetti come dichiarazione d’intenti, niente moine riduzioniste, niente melina, lunghi piani sequenza increspati da belle tensioni narrative e da un’ottima gestione delle dinamiche; non si lasciano andare a didascalie il basso di Antti Virtaranta e la batteria di Adrian David Krok, semmai disegnano punti e linee di fuga perfetti per il dialogo tra il sax alto di Federico Eterno e il tenore di Davide Lorenzon, gestore della Aut Records assieme a Bob Meanza. Foga e lirismo si scontrano dando vita a mondi liberi e sghembi, come un Coltrane su una nave alla deriva (“Hungry Waves”) che, dopo una traversata perigliosa, raggiunge terre sulle quali cresce una vegetazione lussureggiante e misteriosa, in grado di inghiottire lentamente i sentieri che portano lontano dalle sponde (“Apopudobalia”). E allora è di nuovo tempo di correre, sotto il diluvio, mentre il vulcano al centro dell’isola (non può che essere vulcanica ed insulare la terra di approdo di questo vagare) apparecchia tutta la sua furia e cadono i primi lapilli (“Kaffeemischung”), tre minuti entusiasmanti tra furia scandinava – vedi alla voce Mats Gustafsson e Pal Nilssen Love – e quiete sorniona prima e dopo la tempesta. Selvatico e ispido senza essere gratuito, accademico senza essere polveroso, il disco è animato da una vitalità incontenibile; aggiunge ulteriore legna al fuoco Guazzaloca con i punti interrogativi del suo pianoforte in “Esrum Hellerup”, che ci immaginiamo suonata alla Bimhuis di Amsterdam con Misha Mengelberg ad annuire in ultima fila. Del resto, questo lavoro è tutto un gioco di continui rimandi tra la verità dell’ispirazione e l’irrealtà dei mondi evocati. Lilian Mountweazel, musa ispiratrice del quartetto, è una fotografa immaginaria, spacciata per vera ma mai esistita. Mountweazel allora inteso come luogo-trappola, isola fantasma, città di carta. Molto interessante che la metafora dell’isola io l’abbia pensata prima che Lorenzon stesso mi spiegasse l’origine del nome: evidentemente certe suggestioni passano comunque. E allora sono istruzioni di controllo per percorsi diversi in basi a condizioni illogiche, perché la realtà è sempre uguale alla fantasia +1, e la storia della musica creativa può continuamente essere rivisitata e riscritta.
Ottimo disco, felicemente in bilico tra realtà ed irrealtà, perfetta colonna sonora per un libro labirintico come “L’invenzione di Morel2 di Adolfo Bioy Casares. Dovremo allora tornare quanto prima su Aut Records, una etichetta cooperativa e no profit dedita alla musica di ricerca. Linguaggi dell’inaudito, dice il sito, e noi allora restiamo con le orecchie spalancate per i dischi a venire.
Mario Biserni on Sands Zine
C’è in giro una gran voglia di jazz. Non mi riferisco a quello mainstream, che non ha mai abbassato la guardia, bensì a quello sperimentale il cui ascolto più s’adatta ai cultori della musica. Ci sono vari fattori a dimostrarlo. Innanzi tutto c’è il ritorno in auge di vecchi sperimentatori, e il caso dei Wolf Eyes che si esibirono con Anthony Braxton è solo la punta di un iceberg dalla base ben più estesa. Prendete un Leo Smith che fra il 1983 e il 1996 aveva pubblicato la miseria di 4 dischi, dopo essere stato uno degli sperimentatori più attivi per tutto il corso degli anni Settanta … ebbene!, dal 1996 ad oggi il suo nome appare in una cinquantina di dischi. Un altro elemento significativo è la ristampa di numerosi dischi degli anni d’oro del free jazz e della musica creativa, non solo dei capolavori conclamati ma anche di opere oscure che all’epoca della loro pubblicazione non avevano ottenuto grandi riconoscimenti. Infine c’è il rinnovato interesse verso generi limitrofi quali la no wave, il rock in opposition e alcune frange dalla musica progressive. Questo nuovo interesse si è manifestato anche nel germogliare di una nuova scena legata alla sperimentazione di radice jazz, e ne è stato a sua volta stimolato, con il coinvolgimento di nuovi musicisti e la nascita di numerose piccole etichette discografiche (spesso gestite dai musicisti stessi).
Questa scena, seppure abbia radici ben piantate nella storia della sperimentazione jazz, non è affatto una ripetizione pedissequa di un glorioso passato ma ha caratteristiche proprie, ad iniziare dal fatto che a differenza dei movimenti più storicizzati non è appannaggio della comunità afro-americana ma è viceversa costituita essenzialmente da musicisti bianchi e, in maggior parte, di nazionalità europee. In secondo luogo molti di questi musicisti si sono formati suonando musiche di altro genere e, in molto casi, continuano ad alternare la militanza in formazioni jazz con quella in ensemble di altro tipo.
Davide Lorenzon, quinta parte di questi Mountweazel e fondatore della Aut Records, ha per esempio alle spalle studi classici e la militanza in gruppi punk-hardcore.
Tutto questo porta alla contaminazione fra le nuove forme di jazz sperimentale a altri generi, contaminazione che coinvolge sia l’aspetto musicale sia il modo in cui vengono confezionate molte pubblicazioni (a tal proposito date un occhio al collage nella custodia di questo CD).
I Mountweazel sono un po’ lo scheletro della Berlin Soundpainting Orchestra, con l’aggiunta di Nicola Guazzaloca al pianoforte in due brani (Hungry Waves e Esrum Hellerup), e la loro formula con due sax (alto e tenore), contrabbasso e batteria riproduce quella ostentata da un celebre quartetto di Ornette Coleman (quello di “Ornrttr At 12”) del quale rispetta l’idea base di musica democratica. Un jazz, quindi, dove la posizione degli strumentisti è paritetica e dove il gap fra strumenti solisti e strumenti di accompagnamento è nullo.
In un certo senso i Mountweazel studiano il passato per vivere nel presente e disegnare il futuro.
Alberto Bazzurro on L’isola che non c’era
[…] Un misto fra scrittura e improvvisazione ci giunge da Double Think (Aut) del quartetto Mountweazel, misto anche geograficamente (due italiani, di cui uno emigrato a Berlino, un finnico mezzo svedese e un polacco pure lui di stanza a Berlino), cui si unisce in due brani ancora Guazzaloca. Si decolla su temperature torride, nel segno di un free della più chiara acqua, guadagnando poi via via spazi più meditati, felicemente corali, su strutture per lo più riconoscibili.
On Avant Scena
“Doublethink” is new release of “Aut Records”. Album was recorded by “Mountweazel” – it’s great quartet of innovative improvisers. Here Federico Eterno (alto saxophone), Davide Lorenzon (tenor saxophone), Antti Virtaranta (double bass) and Adrian David Krok (drums) play together. They had been improvising and collaborating together many times. Since the quartet was formed, musicians had created exceptional sound and innovative conception of their music. Avant-garde jazz is the base of most part of the compositions. It’s condensed with bebop, post bop, neo bop, soft intonations of modal, progressive and modern jazz, contemporary academical music, exoperimental and electronic music and other styles of music. Avant-garde jazz is highly related with free improvisation. Musicians are truly experimentators – they don’t like to make their music in traditional frames or forms. They are searching for new, interesting, brave and innovative ways of improvising. That they manage to do just great – most part of their compositions is based on fresh and evocative ideas, wild and thrilling sound, sharp and expressive playing manner and modern way of improvising.
“Doublethink” is very expressive and emotional. Four musicians are individual and independent players, who have their own and innovatieve sound. Their improvisations are based on colorful and multi-layed musical language, bright and difficult pattern, collective improvisation and dynamic rhythmic. These five basics are illustrated with numerous of coloristics, expressions, timbres and playing techniques. Musicians have illustrative and imaginary musical language – it’s vivid, expressive, dramatic, emotional and passionate. Free structure, spontaneous improvising, impressive instrumentation and sound experiments make an effort to solid and suggestive background. Open form doesn’t close musicians in some quadratic and strict structure – it’s always changing along with changes of musical language. Musicians are experimenting in all cases of musical language. That mostly hears in instrumentation section – they extract new timbres, take on risky and adventurous turns, make eclectic fusions and exotic combos of timbres, instruments, styles or expressions. That makes an effort to impressive and vivid musical language and active, dynamic and expressive mood of album. Federico Eterno and Davide Lorenzon keep solid, moving, bright and vibrant saxophones section. Alto and tenor saxophones contain base of melodic pattern. The firm, gentle, passionate and moving melodic line is leaded by two great saxophonists. Thrilling solos, passionate and expressive melodies, vivid, gentle and light excerpts, sorrowful downs, aggressive, dramatic, sharp and powerful culminations or dizzy and furiousyl fast passages – charming and gorgeous variety of musical language’s elements is made here. Both saxophonists are improvising together or solo – they duos are extremely violent, sharp, powerful and moody. They fuse together two independent melodies, who are filled with attractive and suggestive playing manner, sharp and vibrant sound, timbral experiments, innovative instrumentation and violent, roaring and moving blow outs. It touches all sections of musical language – brings expressive mood of album and effects the formation of rhythmical and harmonical section. Double bass improvisations by Antti Virtaranta also make an effort to melodic section – it colorfully illustrates it with virtuosic passages, wild fast solos, gorgeous timbres, monotonic tunes and firm bass line. The music of gentle, light and moving saxophones is gently joined with vibrant, deep, dynamic and colorful double bass. Improviser shows wide spectre of playing techniques and colors, which can be produced by double bass. He also uses unconventional ways of playing along with traditions and usual forms. Solid, firm and suggestive bass line, subtle pieces, relaxing and gorgeous excerpts, bright, luminous and expressive culminations, turbulent and roaring improvisations and many other things – that makes an effort to bright, suggestive and dynamic sound. Adrian David Krok is leading drum’s section. Drummer likes risky turns, sudden changes, eclectic combos and exotic instrumental decisions. Free, pulsating and dynamic rhythmic figures are against static, monotonic and slow rhythms, Afroamerican music rhythmic forms, gorgeous timbres, colorful ornaments and other elements of musical language. Liek the rest part of the musical pattern, drums section is moody, colorful, luminous, expressive and passionate. The music of this album has impressive sound who is mixed with innovative and interesting musical decisions. That makes an effort to simply beautiful, modern, evocative and passionate music.
Taran Sing on Taran’s Free Jazz Hour
Here on Battiti, Rai Radio 3 and also here.
Nuno Pires on Premium Selection
Maurice Hogues on One Man’s Jazz
Shaun Blezard on Space is the place
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