Jean – Michel Van Schouwburg on Orynx Improv and Sounds
Cantiere Simone Weil , Piacenza le 28 juillet 2015, lieu et date de l’enregistrement de ce trio dont on a déjà entendu un remarquable album sur Leo Records, Underflow LR614 (2011). L’alto de Szilard Mezei (il s’agit d’un violon alto !) se prête à des contorsions sonores fascinantes quant au travail du timbre, aux nuances microtonales et à ces ralentandi presqu’orientaux. Vous comprenez pour quoi ces sévères compositeurs occidentaux classiques n’ont pas trop écrit pour cet instrument qu‘on croyait destiné à servir de faire valoir au violon et au violoncelle dans le quatuor à cordes. L’épaisseur franche et sa pâte qu’un altiste puissant arrive à modeler se sont révélées parfaites pour la musique improvisée libre, mais il a fallu quelques dizaines d’années pour pouvoir l’entendre in vivo : Charlotte Hug, Benedict Taylor et notre locuteur magyare de Vojvodine, Szilard Mezei (bien du mérite : instrument difficile). Avec le pianiste Nicolà Guazzaloca et le saxophoniste clarinettiste Tim Trevor-Briscoe, tous deux basés à Bologne, ils forment un singulier trio chambriste aux multiples qualités. En trois sets de 13:45, 15:42 et 10:02, les trois musiciens nous offrent des échanges étoffés et des constructions d’une grande variété. Il y a pas mal de l’énergie, très franche, spontanée avec des emportements physiques et cette énergie est soigneusement focalisée dans des architectures savantes, des arcs qui s’entrecroisent avec finesse, des questions complexes où Guazzaloca plonge une main dans les cordes pour amortir des attaques en cadence avec les pizzicati « à côté » de l’altiste. Vous pouvez vous fier au patronyme de Trevor-Briscoe, souffleur britannique expatrié : Trevor comme Trevor Watts et Briscoe comme Chris Briscoe, deux soufflants incontournables pionniers de la free music anglaise. Trevor Barre a essayé d’écrire un bouquin sur la free music londonienne/ britannique, non seulement il omet le travail de Chris Briscoe avec Roger Turner vers 66/67 à Brighton mais il intitule un chapitre « Les Super – Groupes » ! En voilà un justement : Nicolà Guazzaloca, c’est le top du piano improvisé à la suite d’Alex, Fred, Irène et Keith, Szilard Mezei est un immense musicien et Tim Trevor Briscoe assure plus que solidement la contrepartie. Respect total ! Leur musique est un vrai challenge quant au fait de tirer parti de toutes les possibilités des instruments et de l’interaction de chacun, un à un et un pour tous : la musique de la solidarité et un intense plaisir d’écoute !
John Book on This is Book’s Music
As Cantiere Simone Weil (Aut) was beginning and processing, my first assumption was that this was a contemporary classical piece. Then as the music goes on, the saxophones were going off on a different label, making me realize “is this more on the jazz side?” Then I realized it may be a bit of both, or none.
The album by Szilárd Mezei (viola) Tim Trevor-Briscoe (alto and tenor saxophones, soprano and bass clarinets), and
Nicola Guazzaloca (piano) begins almost out of nowhere and even as the music slides along the way, I was unsure of where it was going, what it was doing or when I would be able to say “this is more classical than jazz but wait a minute: this IS jazz. Or is it?” Guazzaloca has always bee peculiar but in a good way and it’s nice to sit through the three piecs here and wondering where the end points will be or if they are just segueways towards the inevitable and if there is an inevitable, will I know if it is a true ending or just another starting point? Nonetheless, it was quite enjoyable, hearing it as a solid trio or as a light touching towards something that could be bigger and brighter.
Ettore Garzia on Percorsi Musicali
L’effervescenza e le capacità compromissorie sono determinanti anche nei cambiamenti repentini del trio Guazzaloca-Trevor Briscoe-Mezei, che giunge alla seconda registrazione in Cantiere Simone Weil, un’esibizione in tre parti fatta a Piacenza nel luglio del 2015. Se è vero che la grandezza dell’improvvisazione sta nel superare le apparenti rigide barriere del muro asfittico di suoni che si presentano, allora le forme musicali espresse in Cantiere Simone Weil hanno del prodigioso. Di Guazzaloca non ho molto da aggiungere più di quanto di buono ho scritto in passato: versatilità estrema, interplay coniugato alla perfezione, pianismo infittito nei regni dei clusters e delle preparazioni, Nicola è attualmente un punto di riferimento della libera improvvisazione in Italia (ma sarebbe veramente riduttivo pensare solo al nostro Paese); Tim Trevor Briscoe è un sassofonista inglese residente a Bologna, di quelli che hanno sposato le tinte forti dello strumento, sebbene esse vengono alternate con un approccio piuttosto votato ai regimi contemporanei della musica (sax e clarinetti caricati di energia e vigore lasciano il passo a note strascicate e costruite su estensioni); Szilàrd Mezei è invece un violinista ungherese nato in Serbia, che relaziona perfettamente l’improvvisazione con la materia atonale (si tratta di pulsazioni continue che escutono Bang e Braxton, il patrimonio tedesco di Schonberg e seguaci, nonché gli addensamenti attuali di molta musica contemporanea).
Cantiere Simone Weil (qui un estratto dell’esibizione) mostra un affiatamento incredibile ed una unità di intenti che lavora alacremente sulla capacità di fornire immagini narrative: le combinazioni si autoalimentano in continuazione e soprattutto non c’è nessun egoismo, il dosaggio perfetto delle personalità è un vantaggio di sorta, che ci permette di finire in quei regni musicali dove non c’è niente che sia prescritto, in totale balia degli assembramenti creati dalla musica.
Alberto Bazzurro on Taran’s Free Jazz Hour
Tre musicisti adusi all’improvvisazione senza rete e più in generale a uno sperimentalismo scevro da compromessi come il serbo-ungherese Szilard Mezei, l’inglese Tim Trevor-Briscoe e il nostro Nicola Guazzaloca danno vita a un trio che s’incontra occasionalmente da un po’ di anni a questa parte (nel 2011 hanno dato già alle stampe per la Leo Records Underflow) scegliendo come terreno d’incontro appunto l’improvvisazione totale, regolata però da precisi appetiti-parametri strutturali che evidentemente tutti e tre possiedono.
Il nuovo album del trio non si discosta da tale decalogo. Lo compongono tre soli brani svarianti dai dieci minuti al quarto d’ora appena abbondante, arco temporale in cui i tre hanno modo di esprimere compiutamente le loro campate improvvisative senza, per altri versi, sbrodolare, come non di rado accade nel ramo, quando ci s’imbatte in musicisti meno ferrati in quanto a capacità di vedere sempre una luce in fondo al tunnel e il percorso per raggiungerla.
Si segnalano anzitutto gli impasti timbrici fra i tre strumenti, dove per Trevor-Briscoe ciò significa comunque dividersi fra quattro ance, inevitabilmente più magro ai clarinetti e più corporeo ai sassofoni. Ci sono poi le dinamiche, altrettanto stimolanti. Al di la di qualche frangente lievemente più confuso, si tende a districarsi tra momenti più tesi e nervosi e altri più quieti, in cui ha modo di emergere un dato retaggio “colto” condiviso da ciascuno dei tre.
Taran Singh on Taran’s Free Jazz Hour
A radio podcast featuring a track from “Cantiere Simon Weil”.
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