John Book on This is Book’s Music – February 2013
When you name your group after a Philip K. Dick character who felt his body odor was lethal, even if said order didn’t exist, and yet the one thing you’re known for is being the official White House pianist, and that you can play the piano with your mind, you know there are some head games going on. Perhaps that was the point when Alberto Collodel, Davide Lorenzon, and Ivan Pilat came up with Kongrosian, and the sounds they came up with on their debut album, Bootstrap Paradox (my review of which can be read here). With their brand new album, it is the continuation of the mind moving forward, figuring out what to do, where to go, and allowing the mind to take you, the creator and individual, where it feels it needs to be.
The Exit Door Leads In (Aut) is based after the title of a short story Dick wrote and published in 1979, and the entire album was written and put together in his honor. The assembly of creation in free jazz is something I enjoy, errors and all, and along the way they bring in Nello Da Pont (drums), Tim Trevor Briscoe (alto saxophone/clarinet), Edoardo Marratta (tenor saxophone), Nicola Guazzaloca (piano), and Piero Bittolo Bon (alto saxophone, alto clarinet, and kou xiang) to help them on their mission. The majority of the tracks on the album are on-the-spot improvisations, and it’s nice to hear what they come up with in the spirit of the theme of the album. Four of the tracks were written by Kongrosian’s Pilat, wghile Bon also offers up the very nice (and clever) “Sahdeecoolow”. Even the songs that have form tend to sound as if they have no form or structure due to the freeform feel of the other material here, but then things begin to gel and the listener (or at least I) gets a sense that all of this is meant to be. With multiple listens, I’m sure The Exit Door Leads In will reveal new things not felt before, and maybe that’s how it was meant to be as well.
Recensione di Gianmaria Aprile per Sodapop – Gennaio 2013
Non sempre quando si mettono assieme personaggi/musicisti importanti e con una lunga storia di collaborazioni la ciambella deve per obbligatorietà di cose riuscire con il buco, ma questa volta è uno di quei (rari) casi che mettendo assieme un pezzetto della crème della sperimentazione jazzistica italiana, la ciambella riesce con un bel buco e anche con un ottimo sapore. É il secondo lavoro (sempre per AUT) per Kongrosian, questo trio di base composto da Alberto Collodel ai clarinetti, Davide Lorenzon: alto e sax soprano (nonché fondatore e curatore della AUT records) e Ivan Pilat al sax baritono, trombone e voce che per l’occasione si allarga aggiungendo Piero Bittolo Bon: alto sax/alto clarinetto, Nello Da Pont: batteria, Nicola Guazzaloca: piano, Edoardo Marraffa: sax tenore e Tim Trevor Briscoe: alto sax/clarinetto. Registrato nel 2011da Salvatore “Uccio” Arangio presso i locali della Scuola Popolare di Musica Ivan Illich e mixato da Ian Douglas-Moore, il disco si compone di 11 tracce per circa un’ora di musica. L’album è dedicato all’opera di Philip K. Dick, costruttore di universi, a trent’anni dalla scomparsa. E ancora una volta fantascienza e musica si prendono a braccetto per completare nel migliore dei modi un mondo non solo fatto di parole scritte su carta e che ha dato ispirazioni a tanti registi, come a tanti musicisti. La prima cosa che salta all’orecchio e la gran capacità di passare da arrangiamenti “puntiformi”, a momenti più “orchestrali” (The Long Tomorrow) fino a richiamare in diverse occasioni (Raum, Slag) una certa scuola inglese di quei gran maestri che sono Keith Tippetts e di Chris McGregor. Un bellissimo lavoro, fatto di educazione alla musica, quindi nel saper dosare le proprie capacità, ma soprattutto nel saper lavorare sugli arrangiamenti, sia in tempo reale (per quei brani o parte di essi che sono improvvisati) sia per quelli scritti a “tavolino”. Mai troppo free o troppo rumoristico, e dove la buona riuscita della ciambella sta anche nel saper suonare assieme, nell’ascoltarsi e nel condividere e misurare il suono che riempie lo spazio dell’Ivan Illich che accoglie la piccola orchestra. I brani mutano velocemente, cambiano direzione e atmosfera, creando piacevoli sorprese per l’ascoltatore. Una neonata etichetta giunta solo alla sua quarta uscita, ma che ha saputo fino ad ora scegliere tra i più interessanti esecutori/scrittori di quei percorsi sonori di ricerca e improvvisazione dove spesso in molti hanno fallito.
Taran Singh on Taran’s Free Jazz Hour
A radio podcast with a track from “The Exit Door Leads In”.
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