Press Toxydoll Hawkward

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Federico Savini on Blow Up

Chitarra, batteria, sax alto e synth; i Toxydoll al secondo album mettono alla prova dell’attualità uno stile lontano più che mai dall’hype come il prog-jazz, e bisogna dire che riescono nell’impresa. Tra muscolari spallate jazz-core, fughe fiatistiche di inattesa e delicata poesia, colorati disimpegni guitar-impro, planate ai confini della fusion ambientale sempre corrose da un’elettricità pungente, parentesi cantate in direzione di un etno-art-prog non dozzinale ed elettronica graffiante che spunta da ogni dove, i Toxydoll riaffermano la dignità e l’effervescenza di una tradizione fin troppo messa ai margini, preclusa ai musicisti meno che abili e creativa abbastanza da far credere in un futuro. 7+

Gianni Montano on Jazz Convention

Toxydoll è un agguerrito quartetto di stanza a Berlino formato da due musicisti italiani, Bob Meanza e Alberto Cavenati, una russa, Olga Nosova e uno spagnolo, Valentin Domenech. Dopo l’incisione di Bullsheep nel 2016 il gruppo pubblica questo disco continuando a percorrere la strada piena di curve e di insidie disegnata nel primo album.
La band si caratterizza per un sound elettrico aspro, abrasivo, che rimanda all’hard rock o al metal. Allo stesso tempo la presenza del sassofonista e il suo incedere solistico divagante e progressivo, avvicinano Toxydoll al mood di intellettuali dell’avanguardia come Threadgill o Lehman, passando per Tim Berne, ovviamente. Rispetto a quei pezzi da novanta, Bob Meanza e soci si distinguono, però, per un background più duro e aggressivo e per una minore finezza nelle soluzioni adottate. Siamo in presenza, cioè, di una musica con una scorza di cartavetro, in molti punti, anche se non mancano le aperture, i passaggi meno densi e inchiostrati.
Così, l’iniziale Acanounia oscilla fra momenti ribollenti a brevi parentesi sottolineate dall’arpeggio sospeso della chitarra per finire in un noise tiratissimo
Whole lotta dog (parafrasi di Whole lotta love dei Led Zeppelin) è ondivaga e contiene un’anima heavy e qualche flash Zorniano con quel sassofono che si arrampica spavaldo su un muro di suoni distorti e violenti.
18Triggered off è ossessiva e claustrofobica. Si crea, infatti, un clima di attesa irreale nella traccia, per mezzo di frasi iterate di chitarra e keybords. Ci pensa Domenech a rompere l’incanto con un intervento spigoloso e dirompente.
Obatalà è su un ritmo africano che aumenta via via fino ad assumere toni parossistici, come in un rito voodoo. In questo pezzo si ascolta la voce della Nosova, fra l’altro, per il resto impegnata a picchiare sempre più velocemente sulle sue percussioni.
Castellana comincia lenta, ma piano piano accelera, mantenendo, comunque, un’aria quieta, non certo rasserenante.
Mr. Trotzkopf si manifesta con un sottofondo rumoristico che annuncia la successiva tempesta acida, provocata dal timbro ispido della tastiera e dallo staccato nervoso e scostante del sax.
Viruta custodisce una nervatura di rock pesante e improvvisi cambi di marcia nel suo svolgimento, pencolando fra climi surriscaldati e oasi di calma apparente.
Chasm si muove su atmosfere free e prende una forma pur indefinita a poco a poco. Ogni strumentista procede per suo conto senza ascoltare, apparentemente, i partners, rinvenendo appigli, punti di contatto impensabili in corso d’opera.
Hawkward in conclusione è un cd per palati forti, che conferma l’incisività e il vigore di una band impegnata a conciliare in un cocktail ad alta gradazione energetica il blues, l’avanguardia jazzistica e il rock brutto, sporco e cattivo.

Alessandro Bertinetto on Kathodik

Ci sono dischi che ti prendono dalla prima nota. Di solito, quelli di musica sperimentale e improvvisazione che riescono nell’impresa non sono molti. Questo è uno di quei non molti. Nonostante il titolo, è tutt’altro che imbarazzante il potente mix di jazz, hard-progressiv rock e materiale etnico (cfr. il brano Obatalà) che propongono Bob Meanza (sintetizzatori ed elettronica) & compagnia bella. Particolarmente convincenti il sassofono contralto di Vicent Domènech (che a momenti mi ricorda un po’ Steve Lehman, ma ha una sua forte personalità) e la chitarra, ricca di soluzioni timbriche e ritmiche, di Alberto Cavenati. Ma sarebbe ingiusto dimenticare il drumming di Olga Nosova (che ci offre anche la sua voce). Davvero molto riuscite e varie le composizioni. Si va dall’atmosfera ledzeppeliniana di Whole Lotta Dog alle suggestioni rumoristiche di Mr. Trotzkopf, ma non ci sono punti deboli e le tracce sarebbero tutte da ricordare. Esse alternano una scrittura strutturata e incisiva a momenti di libertà collettiva, sempre ben controllata (anche quando – si ascolti ad esempio la parte centrale di 18 Trigger off – si tratta di svisare insieme allegramente). Anche l’insistenza dei riff ripetuti non stanca, ma sostiene l’energica pulsazione che tiene insieme il tutto e consente poi alla musica di librarsi in dimensioni più eteree (esemplare mi sembra, al riguardo, la robusta Viruta, che tuttavia lascia lo spazio a una fluttuante quasi-citazione della melodia del classicissimo Caravan, per poi ripartire con dinamica decisione). Un gran bell’album, da ascoltare e riascoltare. Se mi era piaciuto ‘Bullsheep’, ‘Hawkward’ mi piace ancor di più.
*****

Mario Biserni on Sands Zine

Uno dei più bei dischi ascoltati quest’anno arriva da Berlino: Toxydoll è il nome del gruppo che l’ha inciso, “Hawkward” il titolo del disco e Aut Records la ragione sociale dell’etichetta che l’ha prodotto. Se però, detto questo, avete in mente qualcosa di tedesco vi sbagliate di grosso. Al di là del fatto che la Aut Records è gestita da italiani c’è la ben più consistente realtà di un gruppo formato da una russa (la batterista Olga Nosova), uno spagnolo (il sassofonista Vicent Domènech) e due italiani (il chitarrista Alberto Cavenati e il synthetista Bob Meanza). Così quel ‘kosmos’ che aveva segnato l’attività musicale nella Germania dei primi anni ’70, ai tempi della musica cosmica, torna di attualità per dare senso a quello che è diventato un centro cosmopolita. Se la kosmische musik era qualcosa che muoveva da dentro, per dilagare verso l’esterno, la nuova cosmicità tedesca è qualcosa che viene da fuori per concentrarsi e agire in quello che è il cuore della nuova cultura europea.
Lo stesso meccanismo, che agisce dall’esterno verso l’interno, è quello che va a forgiare il jazz dei Toxydoll.
L’influenza di Ornette Coleman e John Zorn è lapalissiana, ma mentre i due sassofonisti portavano / portano il loro jazz nel contesto di altri stili, con i Toxydoll è l’altro – noise, industrial, hardcore, metal … – che viene inglobato in strutture caratterialmente jazzistiche. Ne risulta un insieme informe, con i caratteri del collage, che in epoche non lontane sarebbe stato stroncato come caotico e inconcludente e che, ancor oggi, può risultare difficile da digerire per coloro che ragionano in termini di comparti stagni. Trovo anche che qui, rispetto alla sperimentazione jazz free e post-free, c’è meno cervello e più stomaco, e questo non è male. È una realtà che ci riporta ai primordi del jazz, giù a New Orleans, quando le prime band scalcinate trovavano lavoro nei bordelli e potevano permettersi pochi intellettualismi. Forse una new wave del jazz è possibile, oltreché plausibile!
La composizione dei brani è suddivisa, più o meno equamente, fra Cavenati, Meanza e Domènech, ad eccezione di Obatalá che è ripresa dalla tradizione tribale cubana e ci mostra la Nosova anche in veste di cantante.
Sands-zine vi augura un felice nuovo anno con i Toxydoll.

Dave on A Jazz Noise 2017 Playlist

The sense of humour, ear for a killer riff, and penchant for exhilarating changes of direction are intact from the previous disc, “Bullsheep” but if anything, more so.

Alberto Bazzurro on L’isola che non c’era

Attorno alla chitarra del lombardo (ma bolognese d’adozione) Alberto Cavenati e all’elettronica del veronese Bob Meanza (al secolo Michele Pedrazzi) ruota poi un altro gruppo degno di nota, Toxydoll, completato dal valenciano Vicent Doménech al sax alto e dalla moscovita Olga Nosova, voce e batteria. Il loro secondo album, Hawkward (Aut), è pieno, denso, vitale, non esente, azzarderemmo, dalla lezione dell’asse Berne/Threadgill, con ruvidità e rumorismi sparsi. Non banale, che è poi ciò che più conta.

Phontas Troussas on Vinylmine

Κουαρτέτο της πειραματικής jazz και του πειραματικού rock, οι Toxydoll έχουν έτοιμο το δεύτερο CD τους που τιτλοφορείται “Hawkward”. Το σχήμα αποτελούν οι Vicent Domènech άλτο σαξόφωνο, Alberto Cavenati ηλεκτρική κιθάρα, Bob Meanza σύνθια, ηλεκτρονικά και Olga Nosova ντραμς, φωνή, με το “Hawkward”, που είναι ηχογραφημένο στο Βερολίνο, να περιέχει οκτώ δικές τους συνθέσεις, οι οποίες ορισμένες φορές γειτνιάζουν ακόμη και με το progressive rock (ας πούμε εκείνο του Canterbury, στο εισαγωγικό “Acanounia” ή στο αμέσως επόμενο “Whole lotta dog”).
Γενικώς, θα κάναμε λόγο για ένα σχήμα που κινείται πάνω σε δυο γραμμές ή καλύτερα στην τομή τους. Σ’ εκείνην ενός κλασικού τζαζ κουαρτέτου και στην άλλη ενός progressive rock γκρουπ (είπαμε σε τι στυλ), μ’ αυτές τις δύο ταυτότητες να επηρεάζουν η μια την άλλη.
Όλα τα κομμάτια των Toxydoll, με απλά λόγια, επιχειρούν να πρωτοτυπήσουν και τούτο το κατορθώνουν, δίχως ποτέ να ξεπέφτουν στην εκζήτηση ή το προβλέψιμο και το τετριμμένο. Πράγμα που σημαίνει πως εδώ έχουμε να κάνουμε με μουσικούς όχι απλώς μελετημένους, αλλά και με διάθεση και όρεξη να δουν την ηλεκτρική prog-avant μουσική στην ολότητά της, πρεσβεύοντας ένα κοινό αισθητικό όραμα. Να είναι πάντα… απροσδιόριστοι και έτοιμοι για νέες (ηχητικές) καταλήξεις.
Ακούω το πώς διασκευάζουν οι Toxydoll το παραδοσιακό κουβανικό “Obatala” και επιβεβαιώνω, για μιαν ακόμη φορά, την αξία και την ιδιαιτερότητά τους.

Baze Djunkiii on Nite Stylez

Put on the circuit on October 23rd, 2k17 via AUT Records is “Hawkward”, the second studio album by Toxydoll, a genre bending quartet comprised of Vicent Domenech, Alberto Cavenati, Bob Meanza and Olgo Nosova. Introducing their new longplay piece with “Acanounia”, a captivating, lively and score’esque take on Jazz Noir with a spy flic touch the pack of four immediately catches our attention, delivering a huge, atmospheric and glitched out mid-track breakdown and brutal drum eruptions whilst weighing in a more Funk-driven approach and Crossover-resembling, slightly distorted bass lines alongside a whole lotta noise in “Whole Lotta Dog”. Following up is “18 Triggered Off”, a tense piece of Late Night Jazz perfectly depicting the feel of strolling through the empty streets of a fog-covered big city, past midnight in late fall, whilst dabbling with a bit of a FreeJazz attitude. “Obatala” is a highly percussive, fever’ish interpretation of a traditional Cuban theme and the first vocal piece on “Hawkward” which interestingly is more reminiscent of what westerners might identify as African Traditional, kind of , “Castellana” delivers more of a solemn, introspective feel and an obvious hint of all-embracing melancholia and “Mr. Trotzkopf” is built out of deep, partly electronic and part Field Recording-resembling atmospheres, lonely desert guitars and what can be well described as Dark Jazz. Towards the end we see “Viruta” taking over seamlessly, immediately diving into highly agitated, buzzing Jazz realms bringing forth a massive crescendo as a grand mid-track climax and the final cut named “Chasm” is the most far out and experimental cut in this longplay effort, fusing more Jazz Noir / Future Jazz with an isolatinist urban vibe surprisingly turning into tender romanticism and musical crooning towards the tunes end as a sweet and unexpected closure.

Baze Djunkiii on You Tube Channel

Editorial on Sentire Ascoltare

A pochi mesi dalla pregevole e avanguardista collaborazione con il duo russo ASTMA di cui vi abbiamo parlato ad inizio estate, ritroviamo il manipolatore sonico e artista multimediale Bob Meanza (l’italiano Michele Pedrazzi) per il secondo album dei cosmopoliti Toxydoll, quartetto nato dall’incontro di alcuni musicisti residenti a Berlino: oltre a Bob, completano la line-up il sassofonista Vincent Doménech, il chitarrista Alberto Cavenati e la batterista Olga Nosova (ovvero metà dei succitati ASTMA).

Ad un anno abbondante dall’esordio (di cui ha parlato anche Luca Roncoroni su queste pagine) la band torna, ovviamente sulla fidata Aut Records, con il nuovo Hawkward: otto brani per quasi cinquanta minuti che, come il falco indisposto ed impettito che, con occhi assassini, scruta l’orizzonte dalla copertina (continuando così la tradizione degli animali immaginari aperta con il debutto Bullsheep), guardano dritti avanti a sé, in una tensione avveniristica, coraggiosamente sperimentale e quasi oltraggiosa dei generi e degli stili musicali da cui prende le mosse. Con astuta determinazione e la già nota e assoluta perizia, i Toxydoll evitano ogni leziosità, schiacciando con il loro rullo compressore sonico tutte le influenze ed i riferimenti che incontrano in un magma schizzato e inafferrabile: dal rock più classico e confusionario di Whole Lotta Dog al folk cubano della tradizionale Obatalà, sezionata, scomposta e affidata alla voce della russa Olga in una connessione nostalgicamente socialista, passando per i numerosi momenti più jazz, Hawkward conferma l’assoluto valore del gruppo.

Pachi Tapiz on radio program Toma Jazz

Radio program on Rai Radio3 Battiti

Taran Singh onTaran’s Free Jazz Hour

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