John Book on This is Book’s Music
With a name spelled like Urban Killas, some people may immediately assume they are hip-hop related but knowing this album was released on Aut Records, I knew it couldn’t be. Aut is generally jazz, but not just typical/ordinary jazz so I opened it up to find out what’s going on. Urban Killas could be considered jazz fusion, but that would be a loose interpretation of what this group can do. The musicians are Italian (Yuri Argentino (tenor/baritone sax); Andrea Vedovato (guitar); Riccardo Di Vinci (bass/doublebass); Simone Sferruzza – (drums)) but their music is other-worldly, their land of origin could not easily be detected based on what and how they sound. They create noise textures that could easily make them from New York City, Chicago, or Detroit or perhaps hanging out in some Medeski, Martin & Wood village circa The Dropper, or maybe in some German village or a Spanish village deep where the musicianship echoes in the valleys. It almost sounds like these guys are individually on their own track but without them bouncing off vibes and hints from one another, it wouldn’t sound as united as it really is. Things are chaotic and frantic in songs like “Icecream”, “Gas Panic”, and the opening track “Voices” and even when it feels like things are at a calm level, it’s anything but. If they are killers on urban upbringing or wanting to change what living in urban circumstances is defined as, Urban Killas are definitely going to spawn some sense of dialogue between one another, even if it means bringing in another horned instrument, killing it, then bringing it back to life.
Salvatore Esposito on Blog Folk
Gli Urban Killas sono una formazione jazz-rock nata dall’incontro tra Yuri Argentino (sax tenore e baritono), Andrea Vedovato (chitarra), Riccardo Di Vinci (basso e contrabbasso), e Simone Sferruzza (batteria), quattro musicisti di talento che hanno unito le forze per dar vita ad una originale ricerca musicale attraverso i suoni urbani del jazz, spaziando dal funk all’elettronica per incrociare il rock rumoristico, il tutto con l’aggiunta di una grande attenzione verso l’impatto ritmico. Il loro nuovo album “Down On Earth” li vede proporre otto brani dall’impatto intenso e serrato che evocano il caos di una città che non dorme mai, di una metropoli in continuo fermento tra il traffico delle ore di punta, i rumori assordanti dei lavori in corso, il vociare della folla, ma anche i musicisti di strada, i colori delle prime luci dell’alba, e la pioggia che cade incessante, il tutto inserito in un affresco sonoro di grande suggestione. Dal punto di vista prettamente musicale colpisce in primo luogo la perfetta esecuzione di ogni brano e la cura con la quale è stata approcciata la registrazione, e ciò consente all’ascoltatore di cogliere le sfumature ritmiche e melodiche che caratterizzano ogni brano. E’ il caso dell’inziale “Voices”, della splendida “Circus” in cui spicca il trombone di Tony Cattano, o ancora della suggestiva “Acid Rain”, ma il vero vertice del disco arriva con la conclusiva “417 (Home)” in cui la voce di Laura Cappiello è avvolta da un intreccio tra elettronica, percussioni e chitarre elettriche, in cui si inserisce e giganteggia il sax di Yuri Argentino. “Down On Earth” è, dunque, una bella sorpresa che ci sentiamo vivamente di consigliare a quanti seguono i sentieri del jazz sperimentale.
Claudio Morandini on Iperboli, Ellissi
In “Down On Earth” l’altro gruppo, URBAN KILLAS (Yuri Argentino al sax tenore e baritono, Andrea Vedovato alla chitarra, Riccardo Di Vinci al basso e al contrabbasso, Simone Sferruzza alla batteria, con episodiche incursioni di Tony Cattano e di altri), ricorre ad analoghe combinazioni timbriche, ma con effetti profondamente diversi. Assai meno disponibile alla parodia e all’eclettismo, pratica una musica “urbana”, fortemente ritmica, anche qui ispiratrice a un funk continuamente rimesso in discussione e a un rock rumoristico. È musica che sembra promanare dal traffico all’ora di punta, dallo schiamazzo notturno, dal passaggio di spazzatrici di prima mattina, dallo sferragliare delle metropolitane, dalla sovrapposizione di musicisti ambulanti ai riverberi di altre musiche provenienti dai locali pubblici. Le tracce da una parte alludono a un equilibrio architettonico, anche freddo, dall’altra scombinano tutto, rovistano nel caos metropolitano: se per un attimo si guarda attoniti in alto, verso le cime dei grattacieli, subito dopo ci si scopre a calpestare il pattume dei senzatetto.
Alessandro Bertinetto on Kathodik
Questo è un gran bell’album (di musicisti italiani). Ben congeniato, ben assortito, ben eseguito. Si fa notare per la varietà delle situazioni espressive e delle articolazioni ritmiche, e soprattutto per la notevole energia e intensità che non lo abbandona anche nei momenti più ‘sottili’ (prima della fine di Acid Rain per es.: quasi una musica descrittiva della pioggia acida che cade). Il mix fra l’elettronica, le percussioni, le distorsioni della chitarra elettrica, la timbrica calda dei sassofoni, la chitarra elettrica e, in 417 (Home), la voce di Laura Capiello è decisamente indovinato, così come vinta è la scommessa musicale di avvicendare passaggi e paesaggi sonori sperimentali (a volte eterei, a volte tendenti al blues), atmosfere quasi fusion, momenti swing e, come in Gas Panic, accenni rock-punk che sfumano in echi lirici colmi di malinconia, per poi dileguare in un rabbioso, ma controllato, sfogo free prima di riprendere il rock-punk dell’inizio e spegnersi nel nulla. L’equilibrio tra composizione, improvvisazione e post-produzione è degno di nota: la musica scorre che è un piacere e il disco merita il plauso di critica e pubblico.
Fabrizio Ciccarelli on Roma in Jazz
Una forte, fiammante comunicazione globale per i jazz-rockers italiani Urban Killas, una formazione che esplode in ventate prive del severo senso della sintesi per lasciarsi andare là dove la sensibilità guida, optando per proposte personali e progressive ed evitando l’insistenza verso riferimenti ormai già troppo abusati anche nell’ambito delle cosiddette avanguardie metropolitane.
Sono congeniali alla band suoni ruvidi e roventi, tessuti su motricità incendiarie(“X-Virgin Forest”) o su andamenti blues dall’essenza psichedelica (“Circus”) il cui referente culturale è definito da un Free tutt’altro che incline alle clownerie ed all’indefinibilità del sistema, sapendo come esprimere lirismo (“Icecream”)e mobilità improvvisativa (“Acid rain”) allo scopo di realizzare una visione d’assieme ironica, volutamente bizzarra ed anticonvenzionale, dichiaratamente priva di scorie retoriche ed innaturali.
I Killas sono ottimi performers, solisti capaci di densità emotiva e padronanza strumentale, musicisti che inseguono, talora quasi in modo ascetico, la via più pura dello sperimentalismo fondendo la lezione di Charlie Mingus con la forza espressiva di Eric Dolphy, accolta nelle dominanti del Nu Jazz, dell’Elettronica, del Contemporary, del Rock Industriale e del Noise, come nel magnetismo di “Gas panic”, brano-simbolo dell’intero album assieme al tono visionario di “417”, immaginario scandito dal vibrato vocale fra Medio Oriente ed Africa della bravissima Laura Capiello, un senso di Ritorno denso di arabeschi cromatici che chiudono la circolarità dell’Idea enunciata nella tesa introduzione di “Voices”, e non a caso.