Savvopoulos Azure Ebbs and Flow Press

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Baze Djunkiii on Nitestylez

Released via the ever active Aut Records imprint on March 12th, 2k20 is “Ebbs And Flows”, the new album by the freshly founded quartet Azure which is led by Anastasios Savvapoulos who is joined by fellow musicians Peter Ehwald, Antonis Anissegos and Ludwig Wandinger in his musical adventures. Somewhat inspired by Kandinsky’s thoughts on form, expression and necessity the quartet offers a menu of nine compositions on this longplayer, stretched out over a total of roughly 51 minutes and presenting a take on Jazz surely influenced by a classical, complex yet structured approach to the genre which makes tunes like the fascinatingly thrilling “Ebbs And Flow Part II”, the deep grooves of remnants “Remnants” as well as the tender, crystalline piano lines in “Reflections” highly relatable for an audience not necessarily familiar with the technicality, dissonance and hypercomplexity oftentimes found in genres like Improv or FreeJazz and therefore might be functioning as a perfect gateway into the world of advanced Jazz for beginners and a highly appreciated journey into intricate melodic mastership for long time genre connaisseurs.

Pier Marco Turchetti on The New Noise

“Esprit de géométrie, effetto quadrinomico e fluidità strutturale”

Il potere metamorfico non è solo delle piante e dell’uomo: anche la musica lo incarna e rappresenta in senso proprio. Nella sfera del cosiddetto “jazz d’avanguardia”, metamorfosi e transmutazioni possono essere variamente pensate, concedendo spazio tanto ad una neo-fusion quanto ad un minimalismo rarefatto, tanto a un neo-free jazz quanto a una moltitudine di rimandi folklorici difficilmente elencabili. Ma quando il potere metamorfico si genera a partire da un’idea fissa, da un leitmotiv, da una cellula madre in cui melodia e ritmo sono una cosa sola e indivisibile, accade che ogni cambiamento nutra la forza della concentrazione, e dalla concentrazione non si distacchi mai; accade anche che forma e contenuto si compenetrino in una reciproca necessità d’esistenza, ed è quello che avviene all’interno del quartetto capitanato dal chitarrista e compositore Anastasios Savvopoulos, con Peter Ehwald (sassofono tenore), Antonis Anissegos (piano e fender Rhodes) e Ludwig Wandinger (batteria) implicati alla perfezione nella scrittura iperstrutturata.

Il disco Ebbs And Flows presenta una chiara predilezione dell’esprit de géométrie sull’esprit de finesse: tutto è incastonato, proporzionato, razionalizzato, come dentro ad una scatola cranica che, aperta d’improvviso, promani la musica interna alle connessioni neurali, facendosi, con ciò, frastagliatissimo oggetto sensibile: “ordo et connectio idearum idem est ac ordo et connectio rerum”, direbbe Spinoza. Ed ecco allora lo splendido paradosso per cui, col crescere dell’asimmetria metrica e della complessità della stesura delle composizioni, aumentano anche la nettezza del ritmo e la dichiaratività dei temi. Qualcosa dell’impianto compositivo dei quartetti di Tim Berne è indubbiamente qui riecheggiato, ma ciò non disturba l’ascolto e non va ad intaccare la personalità sonora del gruppo. Fraseggi tesi, armonie sospese, metriche spostate, sono certamente la forma-contenuto di Azure. Tuttavia non manca un portamento generale del tempo interno, un inner flow ben piantato e solido, che apre sia a squarci di riflessività liquida che a soluzioni di schemi fusion. Tutti i soli sono ricostruzione e decostruzione dei temi, così che l’effetto quadrinomico del gruppo ne viene esaltato. A parte “Azure”, che è il pezzo meno articolato e più diretto, con un tema tanto struggente quanto sinistro, e a parte “Bygones”, splendida composizione bipartita tra eterea ballad e assalto ritmico, l’album può essere ascoltato come una complessa espressione polinomica (“Ebbs And Flows”, part I e II), come una spinta fisica ad ascendere (vedi “Auftrieb”, part I, II e III), come una lettura al microscopio di microrganismi (“Reflections”). Il quartetto di Savvopoulos vince infine la sfida più difficile: conquistare la fluidità nella strutturazione.

Neri Pollastri on All About Jazz

Quartetto atipico per strumentazione—sax, pianoforte, chitarra e batteria, ma senza contrabbasso—e per nazionalità—due tedeschi e due greci—questo Azure è diretto dal chitarrista Anastasios Savvopoulos, che ne firma anche le nove composizioni, tutte venate di una narratività melodica, ma al tempo stesso anche molto aperte, destrutturate, virtuosamente sbilenche.

Ad aprire è la suite bipartita che presta il nome all’album, “Ebbs and Flows”: la prima parte, più intensa, vede protagonista il sax tenore di Peter Ehwald, dal suono morbido ed estremamente ricco di sfumature; la seconda, più lenta, la chitarra del leader, che volteggia sospesa sopra le trame tessute dal pianoforte di Antonis Anissegos e dalla batteria di Ludwig Wandinger. “Remnants” media le due precedenti tracce, con la chitarra che svolge un ruolo analogamente fluttuante, Anissegos che la asseconda al Fender Rhodes, Ehwald che inizialmente si adegua per poi sviluppare un discorso in crescendo, con espressività acide che si sposano al Rhodes e si appoggiano alla batteria, anch’essa in ascesa dinamica.

L’alternanza di clima, ora maggiormente astratto, ora più materico e intenso, prosegue nella seconda suite—”Auftrieb,” in tre parti—ma stavolta mescolando le diversità entro ciascuna traccia e conservando nella serie un filo narrativo a legare la libertà strutturale. Notevole anche qui il ruolo svolto dal Rhodes. I successivi tre brani, che vanno a chiudere il lavoro, privilegiano invece il clima più intimo, su tempi lenti: meditativo “Reflections,” nel quale è quasi assente il tenore; più vario e libero “Azure,” dove proprio Ehwald trasforma la scena inserendosi autorevolmente a metà brano; infine “Bygones,” che si avvia in modo estremamente rarefatto per poi lasciar spazio a una collana di assoli, un po’ a sorpresa leggermente più tradizionali di quanto li precedeva nel resto dell’album.

Musica fresca e imprevedibile, dal suono eccellente, grazie anche alle individualità, tutte da seguire con attenzione.

Alessandro Bertinetto on Kathodik

Il timbro del sax tenore di Peter Ehwald sembra dover molto a un maestro come Joe Henderson e le sue improvvisazioni sembrano talvolta abbeverarsi alla fontana di Chris Potter (e anche al free moderno). Ma il quartetto senza basso Azure, capitanato dal chitarrista (e compositore) Anastasios Savvopoulos, che pur lasciando spesso la scena ai sui compagni, è una solida presenza in tutti i brani (decisamente apprezzabili sia le linee compositive sia gli effetti atmosferici d’insieme, come in Reflections, ma in Azure effetti atmosferici e linee compositore sono un tutt’uno), non si limita al sax. Il piano di Antonis Anessegos (mi piace molto anche al fender rhodes) lavora con maestria su tutti i registri offrendo una texture armonica su cui Ehwald e Savvopoulos possono agevolmente distendere le loro sensate e incisive digressioni, ma anche i suoi interventi solistici sono esteticamente efficaci. E nelle trame interrotte delle forme spezzate e asimmetriche delle frasi delle composizioni e delle improvvisazioni che le informano la batteria di Ludwig Wandinger contribuisce in modo prezioso a sostenere un ritmo costante, a suggerire atmosfere (in Remnants atmosfere spesso sognanti; in Auftrieb pt 2 l’effetto della trasformazione dall’incertezza del dubbio all’esclamazione convinta e fiduciosa) e ad accendere la miccia quando serve. La chitarra di Savvopoulos, come dicevo, è una presenza discreta, ma costante. Contribuisce a dipanare le fila dei registri bassi o a contrappuntare o raddoppiare sax e pianoforte, e quando emerge in primo piano, ad esempio nell’introduzione di Ebbs and Flow pt 2 o nell’assolo di Auftrieb pt 1, è limpida espressività e tagliente groove: i suoi interventi non lasciano nulla all’approssimazione.
In generale, l’unico momento un po’ sottotono nel disco mi pare l’ultimo brano (Bygones), in cui nonostante assoli di ottima fattura dopo la lenta, e un po’ languida, introduzione la ripetitività incalzante dell’incedere cerca di spingere verso una danza collettiva che, a causa dei molti “vuoti”, non viene mai davvero raggiunta (non so quanto intenzionalmente). In ogni caso il disco bene mostra che Aut Records è un’etichetta sempre attenta al suo catalogo e che lo sta arricchendo in una direzione assai convincente.

Voto: 8

Mario Biserni on Sands Zine

Non snobbate questa doppia recensione in quanto tale, chè i due dischi trattati meritano comunque attenzione.
Alla base di “Ebbs And Flow” c`è un quartetto formato in eque parti da musicisti greci e tedeschi. La musica è un jazz strutturalmente libero, ciò senza che gli strumenti vengano mai spinti verso sonorità estremamente distorte, dissonanti e rabbiose, basato sui fraseggi della chitarra del leader e del sassofono di Ehwald. Altri elementi caratteristici sono il Fender Rhodes di Anissegos che, quando presente, insieme alla chitarra dona al tutto un retrogusto di jazz elettrico. Chiude il cerchio Wandinger, un batterista asciutto e molto percussivo (lo porrei sulla scia di un Ed Blackwell).

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